“Domina un continuo timore ed il pericolo di una morte violenta; e la vita dell’uomo è solitaria, povera, lurida, brutale e corta”  – Thomas Hobbes

Ed eccomi qui a fare quello che mai avrei pensato di fare: confluire nel fiume in piena del dibattito sul CoronaVirus. Non mi piace mai scrivere o parlare di cose di cui parlano tutti e sopratutto non mi piace farlo durante il susseguirsi degli eventi; mi serve il tempo di analizzare la cosa a bocce ferme e trovare NEL CASO qualcosa da dire al riguardo.

Non ho cambiato la mia immagine profilo con la bandiera francese dopo gli attentati di Parigi, non ho ricondiviso articoli a casaccio sugli incendi in Australia con l’emoticon triste su Facebook, non ho messo foto di Notre Dame che brucia con la scritta “Forza Parigi”, non ho indossato la maglietta con scritto “there is no planet B” in supporto di Greta, ma ho partecipato al Fridays for Future di Roma e forse è proprio a causa dell’abisso neuronale visto lì che ho desistito nel farlo.

Non griderò rialzati Italia ora.

Non vaneggerò sul comprare solo italiano.

Vi racconterò invece di quello che, a mio avviso, c’è di buono in questo virus nonostante mi stia per privare di una delle cose più preziose nella mia esistenza: il Viaggio.

Partiamo dalla cosa più evidente di tutte: ha ridotto gli starnazzi di Salvini ad un brusio indistinto. Era ovunque e adesso, gran paraculo, si è nascosto e manda giusto qualche sussurro appena accennato. D’altronde un virus non è negro, non è frocio, non adora falsi dei e non ama la beata vergine Maria, non ruba nelle case dei poveri italiani, non stupra le nostre ragazze, non spaccia, non è un tecnocrate di Bruxelles, non è la Fornero, non viaggia sui barconi dei disperati, ma sulla Rolls Royce col tetto stellato dell’industriale, non ha una coscienza e forse non è nemmeno un essere vivente.

Non c’è dubbio, tra i due morbi preferisco il CoronaVirus, almeno non parla.

Per la prima volta da anni non abbiamo un nemico contro cui scagliarci, contro cui riversare tutti i nostri fallimenti, siamo come prestigiatori da sempre abili nel far sparire le carte e farle ricomparire nel taschino dello spettatore di turno ammaliandolo quel tanto che basta a rubargli il portafoglio, peccato che ora ci sia caduto il mazzo e il trucco rivelato

Ci ha liberato dalla stupidità dei NoVax, svuotato le cliniche private ed ha posticipato tutte le operazioni chirurgiche non necessarie rendendo di colpo più importanti i virologi, ricercatori, oncologi e perfino gli specializzandi dei compressori umani di tette e labbra. 

Ci farà, spero, riconsiderare la nostra concezione di Ambiente. Da tempo, complici le troppe culture new age e la giustissima attenzione alla sua salvaguardia, abbiamo sviluppato una visione bucolica e fortemente idealizzata della Natura tendendo a considerarla come qualcosa di sacro, di taumaturgico, con poteri immensi, sempre positivi, sulla nostra psiche, qualcosa di perfetto calato dall’alto ora da un dio misericordioso, ora da Odino, ora dall’Energia Cosmica per poterne godere appieno in armonia.

La Natura non può nuocerci, quando mai una passeggiata nel bosco ha fatto male a qualcuno? Eppure l’errore è lì, davanti ai nostri occhi e come la lettera rubata aspettiamo Auguste Dupin per riuscire a vederla.

Provate a viverci per un mese, nel bosco; di certo la vostra percezione dell’ambiente cambierà. Esso non è stato affatto creato per l’uomo, ma è risultato dal caos, caos è e caos tornerà. E se oggi è sbagliato dominarlo sfruttandolo incondizionatamente dobbiamo comunque vivere combattendolo e rispettandolo allo stesso tempo non dimenticando, in nessun modo, che lui sopravviverà a tutto il nostro inquinamento, alle nostre guerre, al nostro sfruttamento ed a qualsiasi cosa possiamo infliggergli: gli unici a perire saremo noi.

Siamo ecologisti perché non abbiamo scelta. Siamo ecologisti perché siamo egoisti. Se trovassimo un pianeta migliore ci trasferiremmo usando questo come discarica. 

E come non citare il commercio: la più piccola forma di vita che conosciamo sta strattonando la grande catena dell’economia globale, le cui maglie sembravano indistruttibili e solide come la roccia rischiando di spezzarla mostrandoci tutte le nostre fragilità.

Stupefacente come questo microscopico parassita senza neppure una cellula ci stia mettendo di fronte ad uno specchio e ci obblighi, torturandoci, ad osservare noi stessi. La cosa più ripugnante che conosciamo.

Questa è dunque una formidabile occasione per comprendere, per imparare, per andare avanti e dimostrare che non siamo parassiti, non siamo noi, il virus da debellare.

 

“È giusto navigare con la speranza e con il coraggio, ma è ancora meglio navigare con la conoscenza!”  – R.L.